Radio Kaos
Nessuna pretesa.
Solo qualche riflessione sui mondi e sui modi della comunicazione.
Ecco cosa vuole essere questa rubrica che prende il nome dal disco più controverso di Roger Waters. Un disco del 1987 sul quale ancora oggi, a oltre trent’anni di distanza, non c’è accordo nemmeno tra gli estremisti più estremi: quelli che odiano in modo definitivo Waters con e senza i Pink Floyd, e quelli che lo amerebbero anche se cominciasse a suonare mazurche.
Ieri notte il sonno mi ha preso mentre cercavo un’idea per questa rubrica. E quell’idea, confusa e indefinita, mi ha tolto il sonno stamattina alle cinque e mezza.
KAOS perché la comunicazione qui nell’internet (ma non soltanto) ha da tempo imboccato la strada del caos, dell’eccesso, della contraddizione.
RADIO perché vedo questo spazio come una rubrica radiofonica tradotta in testi e immagini su un blog.
Cercherò spunti per parlare di comunicazione, anzi, per ricamarci sopra.
Magari insieme a voi o anche grazie a voi.
Non per pontificare. Non per dimostrare qualcosa a qualcuno.
Bene, per oggi basta così.
Di fronte agli occhi ho la scena finale del film Terminator (1984). Sarah, incinta, viaggia su una polverosa strada messicana e registra la sua voce su un nastro. Quelle parole sono per John, suo figlio, destinato a diventare il leader della resistenza umana contro le macchine. Quando Sarah sta per ripartire dalla stazione di servizio in cui ha fatto benzina, un ragazzino le scatta una foto con una Polaroid e la avvisa che sta per arrivare un temporale. Lei guarda davanti a sé per qualche secondo. Non c’era bisogno che il ragazzino la avvisasse. Mette in moto e parte verso quelle nuvole nere.
Cosa c’entra?
Fate voi.
Daniele Mocci
