RK4 – Non basta scrivere per essere scrittori. E nemmeno pubblicarte.

Scrivere e pubblicare, qual è il problema?

Se sapete scrivere e se chi vi pubblica è un editore vero, non c’è nessun problema. E la questione sarebbe già finita qui, se non fosse per alcune categorie di persone che, dato il poco spazio a disposizione, ridurrò a quattro:

  1. quelli che non sanno scrivere e che non hanno niente di interessante da dire, ma che, grazie alle loro capacità di acchiappare follower sui social network, si sono costruiti un pubblico talmente vasto da essere considerati influencer, cosa che sembra autorizzarli a pubblicare “roba scritta”;
  2. quelli che pagano uno pseudo editore per pubblicare oggetti pieni di parole stampate che potrebbero anche essere scambiati per libri;
  3. quelli che non hanno mai scritto niente in vita loro e, all’improvviso, aprono un blog e cominciano a riversarci dentro contenuti testuali di vario genere, assumendo di diritto (secondo loro) la qualifica di scrittori;
  4. quelli che, per il solo fatto di aver conseguito una laurea in discipline “più o meno umanistiche”, si sentono in grado di scrivere e pubblicare qualsiasi cosa (articoli giornalistici, saggi, poesie, canzoni, racconti, romanzi, testi pubblicitari, sceneggiature, ecc.).

Avete l’impressione che io ce l’abbia con queste quattro categorie di persone?

Sbagliato, non ce l’ho proprio con nessuno. Tuttavia, nessuna persona appartenente a uno di questi quattro gruppi può essere considerata un professionista in materia di scrittura:

  1. se una persona non sa scrivere o non ha niente di interessante da dire, nessuno dovrebbe mai pubblicare niente di suo, neppure se la persona in questione fosse il più influente degli influencer (e invece diversi editori, sia veri che farlocchi, lo fanno!);
  2. le persone che pagano per essere pubblicate non sono scrittori; e gli editori che ricevono soldi dall’autore in cambio della pubblicazione di una sua “opera” non sono editori;
  3. il solo fatto di scrivere su uno o più blog non dà a nessuno la facoltà di proclamarsi (o di essere proclamato) scrittore;
  4. ogni tipologia di scrittura (giornalismo, comunicazione pubblicitaria, sceneggiatura, ecc.), per essere esercitata a un livello professionale, richiede al suo autore ottime conoscenze di grammatica e sintassi, solide basi di cultura, un intelletto e una creatività quanto meno vivaci, una serie di tecniche e competenze molto specifiche: tutte cose che non potranno mai provenire in automatico da una laurea in discipline “più o meno umanistiche”.

Ciò che sembra sfuggire un po’ a tutti non è tanto l’insieme di caratteristiche che fanno sì che una persona che scrive e pubblica possa essere considerata un vero scrittore, un vero giornalista, un vero sceneggiatore o un vero copywriter. Ciò che sembra sfuggire un po’ a tutti è un particolare molto più semplice e basilare: si tratta infatti dell’importanza di informarsi, documentarsi, studiare e, quindi, prima di tutto, di leggere e di capire quello che si legge. Già, perché se c’è una categoria che più di ogni altra dovrebbe essere interdetta per l’eternità dalla scrittura e dalle pubblicazioni, è quella di coloro che non leggono. Eppure quanti “giornalisti”, quanti “scrittori”, quanti “copywriter” e quanti “sceneggiatori” (tutti tra virgolette) avrebbero bisogno di ricominciare dalla prima elementare, con “A come APE, B come BARCA e C come CASA?”.

E quanti influencer che pubblicano libri sono in realtà dei totali analfabeti?

Ma la domanda vera è un’altra: di chi è la responsabilità di tutto questo?

Fate voi.

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